Pubblicato il Gennaio 25, 2013 | da Andrea Guerriero
0Weekend sulle Dolomiti: fotoreportage dalla Paganella
Nevica ormai da ore. La strada che da Andalo porta a Molveno è sepolta dalla neve. Sull’asfalto i solchi lasciati dalle auto spariscono in un attimo, seppelliti da una nuova coltre bianca. Qualche autista inesperto finisce di traverso e dal finestrino del pulmino i boschi a dirupo verso il fondo valle appaiono minacciosi. Ma niente paura, alla guida c’è Fabio, il nostro Virgilio in questo viaggio alla scoperta dell’Altopiano della Paganella.
Fabio affronta curve e tornanti con serenità mentre chiacchiera al telefono nell’idioma figlio di queste valli, che all’orecchio straniero suona come un bulgaro che parla bergamasco. Quando chiediamo conto di tanta tranquillità sfoggia invece un perfetto italiano, spiegandoci che “la compagnia di trasporto per cui lavoro oltre a scarrozzare i turisti, ha l’appalto provinciale per il trasporto degli studenti verso gli Istituti Superiori di Mezzolombardo”.
Come i ragazzi trasportati da Fabio, l’amata Moleskine in mano, modello Chatwin e grandi viaggiatori, siamo pronti a studiare questa perla del Trentino. Un angolo di paradiso piuttosto piccolo, disteso ai piedi della catena del Brenta e chiuso tra i Comuni di Andalo, Molveno, Fai della Paganella, Cavedago e Spormaggiore. E’ il territorio che fa capo all’Azienda per il Turismo Dolomiti di Brenta Paganella. Non siamo soli in questo viaggio, ci accompagnano persone ben informate sui fatti: Gianmaria Marocchi, direttore dell’ApT, e Liliana Zanellato, responsabile dell’ufficio stampa. Il loro compito è guidarci tra bellezze naturali, cibi prelibati, bevande traditrici e le infinite possibilità di svago proposte da questa valle incantata.
Ma partiamo dall’inizio. Arrivati a Molveno in tarda serata c’è giusto il tempo per il check-in all’Hotel Alpenroyal Belvedere Wellness Resort. Preso possesso della lussuosa suite vista lago e fatto un rapido cambio d’abiti ci dirigiamo all’Agriturismo Il Filo d’Erba di Fai della Paganella per il primo round dell’excursus enogastronomico che ci aspetta nei prossimi giorni. Vince il Trentino per K.O. tecnico grazie ad una serie di colpi bassi:
- tartare di carne salada con mele candite
- crema di patate e porri con crostini di pane nero e lardo delle Giudicarie
- canederli di pane nero e speck su ragù di porcini
- costolette di vitello da latte alle erbette su salsa alle pere e rapa rossa
- bavarese alla mela renetta su zabaione al Teroldego Passito
- vini: Sot Sas della cantina Cantanghel e Pinot Nero ‘Faedi’ della cantina Bellaveder.
Contenti e sconfitti ci avvolgiamo nel morbido abbraccio delle coperte dell’enorme letto a due piazze per poter affrontare l’intenso week end che ci aspetta.
Sabato 19 gennaio. 5 del mattino. 12 gradi sotto zero.
La prima avventura è da togliere il fiato, di quelle che scaldano il cuore anche al più glaciale degli uomini. Immersi in un freddo secco, ci dirigiamo alla stazione di risalita della seggiovia che dal centro di Andalo porta fino a Cima Paganella, dove si trova il rifugio La Roda. Obiettivo? Ammirare l’alba sorgere alle spalle della catena del Brenta. Scopriamo di non essere i soli ad affrontare la levataccia: una trentina di sciatori ben attrezzati approfitta di questo primo viaggio – custode e impianto torneranno a sonnecchiare fino alle 8.30 – per raggiungere i 2125 metri della cima.
Nel buio più totale l’alba arriva come un pugno in faccia. Nel momento in cui si mette piede sulla cima scendendo dalla seggiovia l’immagine da cartolina con il cielo infuocato dietro la catena del Brenta è indimenticabile. Davanti a noi uno scenario maestoso, di quelli che conciliano con se stessi e con il mondo, e che ti fanno sentire piccolo piccolo. Le persone si allineano sul ciglio della cima e ammutolite assistono allo spettacolo della montagna che riprende a vivere. Minuti intensi ad ammirare il gioco dei colori che dal rosso fuoco sfumano verso l’arancione e il verde, con il cielo che da nero piombo si fa blu cobalto e poi azzurro. Non si sente il freddo, non si sente il sonno, non si sente più nulla: alcuni fotografi lamentano la perdita delle falangi delle dita, ma son leggende e pare comunque le abbian ritrovate in baita.
Riconciliati con lo spirito, ci lasciamo avvolgere dal caldo abbraccio del Rifugio La Roda per riconciliarci anche col nostro stomaco. All’interno una pantagruelica colazione in tipico stile trentino: enormi vassoi di affettati e formaggi, würstel e polenta, pane fatto in casa, dolci e torte, caffè bollente e tè. La Roda è una tipica Stube trentina, una struttura rivestita in legno con una grossa stufa al centro che riscalda tutto il rifugio. I proprietari dal 1998 sono il signor Giovannini Luigi e sua moglie Sabrina. Dopo la ristrutturazione del 2006 il rifugio offre anche il pernottamento per una decina di persone. “La manifestazione dell’alba, afferma Luigi, è un’iniziativa pensata dall’ApT, bisogna informasi presso di loro per sapere quando si svolge. Stiamo anche pensando di organizzare quella per l’aperitivo e il tramonto, quando il sole va a nascondersi dietro il lago di Garda“.
Al ritorno a valle Fabio ci aspetta col pulmino per condurci alla tappa successiva del viaggio. Una tappa mistica all’insegna dell’aria pura e del silenzio, quel silenzio ovattato che si può godere unicamente passeggiando con le ciaspole in un bosco immerso nella neve. Il percorso si snoda vicino all’anello per lo sci di fondo tra Molveno e Andalo. Ci conduce in questa passeggiata, adatta anche ai meno sportivi, la Guida Alpina Claudio Kerschbaumer. Persona solare e spiritosa, professionista della montagna, fonte di informazioni e di curiosità. Ci racconta del Parco Adamello Brenta, dei suoi confini, della fauna e della flora che abitano queste valli, delle orse che nel periodo del letargo partoriscono i loro piccoli, delle linci che arrivano dalla Svizzera, delle lepri e pernici che vivono sotto il manto nevoso creando dei tunnel dove il calore geotermico si mantiene a un grado. E naturalmente dei predatori, come le volpi, che si mettono in ascolto per carpire i rumori che arrivano dal sottosuolo per poi colpire.
La giornata prosegue con un appuntamento inaspettato. Il programma originale avrebbe previsto un volo in parapendio, ma grazie alle termiche avverse e alle preghiere del sottoscritto, il giro ad alta quota tra i picchi delle Dolomiti non si è potuto fare. I nostri ospiti, più rapidi di un discesista, ci hanno dirottato prontamente a Colin, piccola frazione di Andalo. Qui, come nella più classica delle fiabe di montagna, si trova una casupola in mezzo ad un prato innevato. Circondata da cani e da slitte. Chi ci aspetta non è Babbo Natale, ma Massimo Aimo, piemontese doc, che gestisce uno dei rari centri Sleddog d’Italia: “La mia passione per i cani da slitta, Siberian Husky e Alaskan Husky, risale al 1990 quando è arrivato Layamon figlio di un grande campione. E’ stato grazie a lui che ho creato il mio allevamento Windshot e che ho iniziato ad interessarmi allo sleddog, uno sport adatto a tutti, a partire dagli 8-9 anni: non ci sono pericoli, al limite qualche ruzzolone nella neve”.
Il programma prevede un briefing di venti minuti seguito da una lunga corsa in slitta trainata da cani tra prati e i boschi. Prima di partire ci sono un po’ di regole da imparare. La più importante è il coinvolgimento diretto tra il conduttore, il musher, e i cani. “Questi percepiscono l’autorevolezza di chi li porta afferma Massimo. Sono loro a condurre il gioco, a conoscere la pista, a decidere l’andatura, ma il musher deve imporre la sua personalità con pochi comandi, così tutto fila liscio”. Per inciso i comandi fondamentali dello sleddog sono 5: “ok” per partire, “easy” per rallentare, “how” per fermarsi, “gee” per andare a destra e “ahw” per andare a sinistra. A guardarli da vicino questi husky non sono animali imponenti. Sono cani di stazza media, tra i 20 e i 25 chili, ma tutti nervi e muscoli. Sono docili e tranquilli, con lo sguardo attento e vigile, fino a che non li leghi alla slitta. A quel punto diventano potenti, impetuosi, irrefrenabili. Una volta raggiunta la sintonia con la muta, lanciata la slitta lungo i declivi del campo pratica, col vento in faccia e il sole che cala dietro ai monti, sembra di vivere un racconto di Jack London. Una delle esperienze più intense della mia vita.
Neanche il tempo di salutare Massimo e i suoi cani e via di nuovo all’Agriturismo il Filo d’Erba questa volta non per sedersi al tavolo, ma per destreggiarsi ai fornelli. Tutti a scuola di strudel. Il corso è tenuto da Paolo, la cui famiglia gestisce questa azienda agricola da generazioni. Qui si produce latte e in un piccolo spaccio si vendono ottimi formaggi. “La gastronomia è sempre stata una mia passione, ora è anche una professione. Siamo specializzati nella cucina tradizionale trentina, ma non mancano le personalizzazioni. Utilizziamo prodotti praticamente a chilometro zero, la carne macellata arriva dal nostro allevamento. Usiamo prodotti della terra sempre freschi e di stagione e ci piace cambiare. Qualche anno fa ad esempio utilizzavamo molto più burro, adesso preferiamo l’olio del lago di Garda e prepariamo piatti più leggeri seguendo il gusto corrente. Quando non lavoro mi piace provare altri ristoranti, parlare con i titolari, confrontarmi con loro”.
Il breve corso di cucina ha dato i suoi frutti. Dal forno escono due strudel, di pere e di mele, che nonostante gli allievi sono davvero buoni.
Doccia, cambio d’abito, pronti per un’altra favola ad occhi aperti. Raggiungere la Tana dell’Ermellino su una slitta trainata da cavalli attraverso un bosco innevato rischiarato dalla sola luce delle stelle. E mentre il bambino che è in noi immagina storie di gnomi streghe e folletti lo spirito dei boschi si incarna nel nostro nocchiero, il personaggio più naïf che vive sull’Altopiano della Paganella. E’ Gigi, Mario, Romeo, a seconda dell’umore si presenta con un nome diverso. Chioggiano, uomo di mare e di pesce trapiantato tra monti, carni di selvaggina e polenta, maniscalco a tempo perso, conduce la slitta a modo suo. Squarcia il silenzio della notte con un medley di musica italiana sparato a mille da un impianto di fortuna coinvolgendo la carrozza in uno stonato karaoke.
La locanda è immersa nel bosco e riesce a stupire con piatti molto raffinati serviti in un ambiente rustico, scaldato dalla stufe e dal camino. Al ritorno Gigi e i cavalli non ci sono più, fa troppo freddo per le bestie, e comunque il nostro maniscalco sta già impazzando da un’ora al Tower, noto locale da struscio della valle. Ci riporta all’appuntamento con il pulmino Daniele Daldoss, proprietario della Tana dell’Ermellino, a bordo di una moto slitta.
La domenica si apre sotto una nevicata pazzesca. Colazione in hotel e tutti pronti per dirigerci alla Casa Parco e Area Faunistica di Spormaggiore. Ad attenderci c’è Mirco Pomarolli, sindaco di Spormaggiore, direttore del parco ed esperto faunista: “Nel parco vivono tre orse, tra cui una di 44 anni, tra le più vecchie d’Europa, e tre lupe. Gli animali hanno migliaia di metri quadri a loro disposizione, perché vogliamo garantire loro il 70% di spazio di privacy”.
I visitatori possono ammirare gli animali da particolari strutture a vetri, così da non recare eccessivo disturbo. Lupe e orse vivono in condizioni di semi-naturalità, in mezzo ad un bosco di faggi, larici e abeti, con anfratti dove gli addetti gli nascondono il cibo: “Non farli annoiare è il primo problema, per questo li costringiamo a cercare e a trovare di che sfamarsi”. Negli ultimi tempi il parco si è arricchito con l’inserimento di gufi reali, ospitati in ampie voliere, e un gatto selvatico. Con l’ampliamento e attraverso scambi con altri Parchi Faunistici soprattutto austriaci e tedeschi, presto arriveranno anche lontre e linci. Per la gioia dei bambini, nel Parco è presente anche una Fattoria che ospita galline, pavoni, pony, conigli e altri animali da cortile.
La gita sull’Altopiano della Paganella si chiude come era iniziata, con le gambe sotto il tavolo: l’Antica Bosnia di Molveno, ristorante ricavato in un maso del ’400 dai coniugi Donini, Rino e Mariella, in servizio tra sala e cucina da ben 25 anni. Il nome atipico, Antica Bosnia, deriva dal fatto che nel XIX secolo in questa zona soggiornavano truppe dell’esercito austroungarico di origine bosniaca. La grappa prodotta dai coniugi Donini è la degna chiusura dell’ultimo pranzo del nostro viaggio.
Il buon cibo e la grappa sciolgono le lingue, riusciamo così a fare un discorso semi-serio con il Direttore dell’ApT Dolomiti Paganella, Gianmaria Marocchi.
“L’area della Paganella, ci racconta, è ormai una delle mete preferite per le famiglie, per coppie giovani e adulte che cercano un ambiente accogliente dove il contatto con la natura e l’attività sportiva sono gli elementi sostanziali della vacanza. Altre ApT trentine si stanno specializzando in un’offerta diversa perché gestiscono località più glamour. Noi puntiamo sulla vacanza intesa come relax, benessere e sport”.
A conferma di questo, l’amico Gianmaria sottolinea come ad esempio siano numerosi i turisti polacchi che affollano con le famiglie queste zone: “Il mercato russo invece preferisce riversarsi in località dove abbondano show room, boutique e discoteche, dove l’après ski è sinonimo di happy hour. Noi preferiamo presentarci con i nostri negozi tradizionali, dove trovare ottimo artigianato e prodotti enogastronomici di prima qualità”.
Non è che ad Andalo manchi il divertimento, la discoteca Shuttle La Flaca e il centro piscine, benessere ed estetica AcquaIN sono considerati, nel rispettivo genere, tra i migliori del Trentino. Ma passeggiando per il paese si nota come sia tappezzato di richiami al Family Festival (attività e programmi per famiglie durante tutto l’anno) e moltissimi alberghi espongono con orgoglio e in bella vista il logo ‘Hotel Andalo For Family’. Per inciso, come in tutto il Trentino, non c’è hotel o pensione che non abbia il suo spazio wellness, piscina o centro benessere.
Tristi e pienotti di polenta e capriolo della signora Mariella, ci dirigiamo verso l’ultimo transfer, quello verso Trento e il treno. Alle nostre spalle non lasciamo solo le Dolomiti, la neve, i paesaggi da urlo della Paganella. Ci lasciamo soprattutto tante piacevolissime persone che hanno fatto di questo viaggio una bella avventura.
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