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Pubblicato il Febbraio 6, 2014 | da Maurizio Beolchini

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Nomadi digitali: come lavorare online e girare il mondo

Con almeno una generazione di ritardo rispetto al Mondo di lingua inglese anche in Italia tra i Nativi Digitali cominciano ad emergere le figure dei Nomadi Digitali.

Non è facile comprendere se il fenomeno sia un processo naturale dei tempi o l’effetto della tempesta perfetta che si è scatenata sulle possibilità lavorative ed in generale sulle promesse di futuro dei giovani. Chi oggi ha vent’anni fatica a vedere il flusso storico, ma è utile aprire una brevissima paginetta di storia contemporanea per ricordare che in Italia negli anni ’80 il fax era ancora uno strumento da specialisti. Nell’85 i pochi pc che giravano erano strumenti di gioco, non di lavoro. Era il ’95 quando Internet arrivò nelle cucine degli italiani attraverso i dischetti allegati a Topolino dal mitico Grauso, e per chi non c’era, non stiamo scherzando, ma parlando di Storia. Allora furono pochi a capire che una rivoluzione era già accaduta, che il Mondo sarebbe cambiato ed il lavoro non sarebbe stato mai più lo stesso. Per chi era giovane allora era già quasi troppo tardi, chi aveva vent’anni nel duemila doveva avere fortuna per salire su quel treno, che infatti dall’Italia è partito vuoto, o se vogliamo non è ancora partito ed ormai nessuno ci fa più caso.

Ma non voglio cadere nella critica sociale, ognuno ha i tempi che si merita e se in Gran Bretagna ed in Germania stanno vivendo una fase di “boom” con una crescita del 2% l’anno mentre da noi tutto sta crollando addosso, chi vuole trovare risposte basta che le cerchi. Ma prima di tutto conviene cercarle in sé stessi, nella propria pigrizia e nella capacità tutta italiana di confondere sogni e realtà, qualità perfetta per disegnare abiti, ma pessima per disegnare tutto il resto.

Insomma dalla nebbia di questo marasma culturale e materiale del nuovo secolo emergono figure che non cercano più la libertà “sulla canna delle baionette” e nemmeno impugnano la penna come fosse strumento di liberazione culturale. Hanno solo un Iphone, un Ipad, un notebook, qualunque cosa che consenta loro di comunicare. E si badi che non parliamo nemmeno di “comunicare con”, ma di comunicare tout court perché la rete non è ad una, due o tre dimensioni, semplicemente è!

Infatti come dice Matteo Caccia su Radio 24 : “Voi siete qui, perché tutti noi siamo un puntino rosso sulla mappa”. Alcuni di questi puntini però si spostano di più, più lontano, non necessariamente più veloci, ma certamente più autonomi. Scrivono, fotografano, cercano ed a volte trovano se stessi o gli altri, raccontano il Mondo per chi ne è curioso, ma non coraggioso come loro. Spesso si perdono, ma altrettanto spesso per fortuna si ritrovano, e viene da riflettere che anche perdersi faccia parte del gioco. Perché dal fondo della nostra invidia ci viene da pensare che mollare l’ufficio, la scrivania, il treno alle sette ed il bus alle 18, la televisione e l’happy hour del venerdì sia un gioco. “Siamo noi i coraggiosi…” direbbe il commesso viaggiatore di Arthur Miller: “Noi che ogni giorno affrontiamo la routine ed il capo, i colleghi e la pausa caffè, i clienti e la crisi della terza settimana”. Ma non è vero, non è mai stato vero, infatti il commesso viaggiatore si uccide firmando il suo fallimento e quello del suo modello di vita.

Sono loro che vincono, loro Nomadi Digitali che in realtà non stanno fuggendo da niente, ma semplicemente scelgono altre battaglie. Se hanno meno soldi consumano di meno, concetto ovvio e rivoluzionario insieme. Se non hanno l’auto non la comprano a rate, ma si muovono in bicicletta o in treno o in autostop come si usava negli anni ’70, ma anche oggi funziona perfettamente. Hanno scoperto i piccoli segreti del Web, ad esempio come guadagnare tre euro da Amazon facendo acquistare un libro o un DVD del quale hai scritto la recensione. Come vendere per pochi centesimi o per qualche dollaro le fotografie del Tai Mahal o del ristorante di New York di cui tutti parlano. O raccontare semplicemente quello che vedi. Che siano le Dolomiti o il Machu Picchu, i quartieri di Berlino o le mille storie dei turisti italiani un po’ alticci nei caffè di Amsterdam. E poi imparano a connettersi gratis, cosa peraltro fuori d’Italia non poi così difficile almeno in Europa. Non saprei dire se il Wi-Fi sia però così diffuso anche sulle montagne dell’India o sulle spiagge sudamericane, ma i Nomadi Digitali il sistema lo trovano sempre, è il loro lavoro.

Il Business News Daily ha selezionato alcune tra le professioni possibili per questi Nomadi Digitali, alcune ovvie altre fanno sorridere ed altre ancora possono stupire noi digitali del terzo mondo: l’organizzatore di eventi, la guida turistica magari su navi da crociera, il volontario in associazioni umanitarie, l’archeologo, il geologo o beato lui l’oceanografo, il giornalista, ma anche inaspettatamente il revisore dei conti o il consulente web proprio come l’italianissimo Gianluca Orlandi. Volato da Como a Londra per imparare mestiere e lingua Gianluca è uno dei classici modelli italiani di Nomadismo Digitale. Una volta a Londra vi si è fermato il tempo necessario per imparare lingua e mestiere. Dopo due anni ben spesi imparando il marketing online e le ultime stregonerie SEO oriented ha deciso di rimettersi in gioco a New York per conoscere nuovi Mondi ed imparare un nuovo lavoro. Per mantenersi continua a seguire i suoi clienti dal luogo dove si trova, ovunque esso sia. Non sarà facile, non sarà la stessa cosa di prima, ma questo è il suo modello di lavoro: “sono riuscito a svuotare armadi e mettere in vendita su Ebay tutto quello che non potevo portare con me, compresa la macchina. Ho imparato a vivere con meno e anche questo è un aspetto fondamentale per inseguire il sogno di vivere e lavorare viaggiando...”

E’ un po’ la storia anche del regista Armando Costantino e sua moglie Mel, che vivono da oltre un anno e mezzo in un camper Westfalia, acquistato per coincidenza a Praga, luogo da dove hanno cominciato il loro viaggio. Più di 30.000 Km on the road che li hanno portati in Turchia, Grecia, Sud Italia, Sicilia ed un tour estivo attraverso 8 capitali europee. Rientrati a Sofia per organizzare alcuni documenti, hanno deciso di ufficializzare la loro relazione sposandosi. A breve riprenderanno il loro viaggio verso luoghi più miti, alla scoperta della Spagna, Marocco e Portogallo. Così ci spiegano, con poche parole, la loro scelta: “Nomade Digitale è chi non lavora in un ufficio, ma noi siamo andati oltre, diventando nomadi davvero, vivendo sulla strada e lavorando da ogni luogo dove ci fermiamo” ed ancora Armando insiste “ non sopporto la monotonia giornaliera del lavoro d’ufficio, e non trovo grandi difficoltà a lavorare in un camper, sono le medesime che troverei in un piccolo appartamento, l’unica vera differenza è che un quattro ruote… si muove. Però mi piace svegliarmi all’alba in un luogo diverso ed addormentarmi ogni sera in uno nuovo” Mel poi con la semplicità ed il pragmatismo di ragazza del Montana ci svela come vive da donna questa esperienza “la mia difficoltà maggiore come donna, e sono sicura che tutte mi capiranno , è il… bagno. Però amo questa scelta e la possibilità di vedere ogni luogo che ci interessa”.

Anche Giulia Raciti è una ragazza e ci racconta come il primo passo del nomade digitale consista in una scelta di semplicità nella vita e nella organizzazione del lavoro. Per svolgere il suo infatti a Giulia bastano un laptop ed una connessione Internet. E dal suo Blog racconta come non sia stato poi traumatico passare dalla vita di impiegata a quella di freelancer. Certo ha imparato a dormire negli ostelli dividendo la camera con altri, a muoversi sui mezzi pubblici e mangiare nei medesimi luoghi dove mangia le gente del posto, condividendone così anche la cultura del cibo e la socialità. Anche nell’abbigliamento ci spiega che è necessario attenersi alla massima comodità e semplicità: infradito e pantaloni sono infatti la sua divisa estiva da viaggio. Lei stessa ci racconta di come sia partita da Roma verso il Marocco a 24 anni “zaino in spalla” e non si sia più fermata:”Negli anni ho viaggiato per deserti e mari, ho scalato montagne e vulcani, sono rimasta incantata dal cielo stellato nel mezzo del deserto e ho ascoltato le onde dell’Oceano infrangersi sulla spiaggia, ho mangiato cous cous con le mani, nuotato con i delfini e gli squali, ho partecipato a cerimonie indigene inneggiando al fuoco e all’aria.”

Che invidia, come ci piacerebbe essere su quella spiaggia con Giulia, ma non sono scelte da tutti e per tutti i giorni, ci vogliono persone speciali con gli occhi da bambino ed il cuore da guerriero, un po’ Ken Parker un po’ Snoopy Barone Rosso, ma senza la certezza della scodella la sera sotto la cuccia. In Italia insomma più che Kerouak “on the road” siamo portati a quel turismo, se non proprio ferragostano, comunque più scritto che vissuto ed in ogni caso mai troppo lontani da casa, non si sa mai.

La nostra cultura è più da Travel Blogger che da Nomadi Digitali, più “ tra la via emilia ed il west” che da Route 66. Dormire negli ostelli in dieci per camera fa notizia, ed infatti la storia di Giulia ci incuriosisce e ci appassiona. Ma è più semplice accordarsi con alberghi e locande per scambiare ospitalità contro news, certo si è meno liberi, ma si sta più comodi. La differenza tra il Travel Blogger ed il Nomade Digitale in fondo è tutta qui, non condividono affatto il medesimo progetto di vita e di lavoro, ma solo lo strumento Internet e la volontà di fare informazione. Il Travel Blogger non può svestirsi completamente del suo essere in fondo un turista, più o meno per caso, ma lontano dal modello del “viaggiatore” che si mette in gioco condividendo in ogni Paese l’esperienza e spesso il cibo e la casa di con chi in questi luoghi ci vive davvero. Non c’è nulla di male nel sentirsi portati verso una o l’altra forma di fare informazione, sono semplicemente scelte diverse che nascono da un diverso modo di mettersi in gioco. Il Travel Blogger costruisce un business per sé stesso o per altri, è un giornalista di viaggi che nel migliore dei casi viaggia davvero e viene pagato discretamente. Più spesso si muove poco nello spazio e molto nella fantasia e nei ricordi e viene pagato il minimo sindacale. Il Nomade Digitale comporta una scelta più complessa di vita e di adeguamento alle diverse situazioni. Ma non c’è nulla di disonorevole nel non sentirsi nello spirito da Route 66, vale la pena ripetere come siano appunto esperienze diverse che dipendono da scelte altrettanto estreme, a volte condizionate o aiutate dalle circostanze.

Come ad esempio nel caso di Christine Gilbert che si definisce “a World Traveling Mom” ed è impegnata a far crescere i sui piccoli Stella e Cole di 4 e 5 anni come Nomadi Digitali multilingue anche parlandogli ogni giorno in spagnolo, arabo e cinese. Niente male per due bambini che da noi sarebbero ancora all’asilo. E’ giusto però aggiungere che suo marito lavora ad un documentario sulle persone che viaggiano per il Mondo lavorando online e quindi in qualche modo gioca in casa. Ma lei stessa ci ricorda quella generazione di ritardo di cui abbiamo parlato all’inizio:” Digital nomading is simple — you travel around a lot and you somehow make a living, usually because you do your job remotely, via the internet. This has only really been possible since 1999...” però suo marito Steve Roberts cominciò già nel 1983 con il satellitare quando qui in Italia ci si sentiva già moderni con il fax: “…sets out on a computerized recumbent bicycle, he becomes the very first digital nomad. His feature in Popular Computing still evokes travel envy. In 1985 Motosat a satelite system for personal users (mostly RVs and boats) comes into the market and allows nomads to get online anywhere.” Vabbè era il very first e per nostra fortuna non fa statistica, ma era anche il 1983 ed a quei tempi noi si guardavano ancora le calcolatrici elettriche come fossero il cervellone di 2001 Odissea nello Spazio. Del resto era il 1983 ed il 2000 ci sembrava lontano, lontano, lontano.

Anche Audrey e Dan sono un esempio di Nomadi Digitali figli di questa cultura americana del lavoro on the road che è stata mille volte rappresentata nel cinema e nella letteratura. Sono scrittori, fotografi, alimentaristi e pubblicano un seguitissimo blog dove raccontano delle tante persone che incontrano, del cibo di ogni Paese e delle tante scoperte che fanno durante i loro viaggi.

Benny invece lavora come insegnante di inglese cambiando ogni tre mesi Paese e scuola, imparando quindi lei stessa ogni volta una lingua diversa, adesso è in Cina ad imparare il mandarino e ad insegnare l’inglese. Earl ha vissuto come Nomade Digitale per 12 anni ed adesso tornata a casa vive scrivendo libri e memorie dei suoi viaggi. Anche Todd insegna inglese in oriente, e dopo tre anni in Giappone si è spostato in Sri lanka, a Timor Est e la prossima destinazione sarà il Kosovo.

Impariamo tutti invece da Kirsty che gira il Mondo scrivendo su diversi suoi blog di viaggio riuscendo a guadagnare $ 10.000 al mese tra articoli, fotografie e consulenze di marketing online. Al momento si trova tra il Rwanda e le Filippine per testimoniare i disastri avvenuti e dare una mano come può.

Un esempio di Nomadismo Digitale da prendere come “Case History” è quello di Stephen Lioy che ci dimostra euro per euro cosa intendere davvero come Budget Travel ben oltre le chiacchiere. Infatti in questa sua esperienza attraverso la Grecia ci dimostra, conto della spesa alla mano, come si possa viaggiare per 46 giorni con un budget di € 1500, spendendo una media 5 euro a notte dormendo in ostelli, campeggi o sul divano in casa di amici. Ha sempre cucinato in camera ed ha presto scoperto che ad Atene, ma non solo, più ci si allontana dai luoghi dei turisti meno costano il cibo e tutto il resto. Sul sito trovate un dettagliato resoconto di ogni spesa day by day. Stephen è il classico fotografo/ scrittore che riesce a mantenersi dignitosamente con la sua attività di Nomade Digitale testimoniando con serietà e professionalità i viaggi i luoghi e le sue esperienze. Questo è comunque possibile solo dopo avere imparato a vivere con la semplicità che è propria di questa scelta di vita, perché comunque da Nomadi Digitali non si diventa ricchi, giusto come Kirsty se sei molto-molto bravo ogni tanto rientri bene delle spese. Lioy adesso si è diretto verso oriente, ma dal suo sito è possibile seguirne ogni spostamento, progetto ed esperienza e giudicando dall’elenco di Paesi e città sui quali ha scritto è davvero uno Stakanovista dei viaggi.

Raccontando le esperienze dei Nomadi Digitali adesso non ci sembrano più così lontane come prima. Il gap tecnologico di cui abbiamo parlato, che ci ha visto indietro di oltre una generazione ultimamente, si va per fortuna riducendo, ma non è ancora a zero. Più difficile da superare sarà piuttosto il divario culturale che ci vede poco avventurosi e più attaccati alle abitudini familiari ed ai luoghi delle amicizie e delle nostre sicurezze. Prima che i nostri Travel Blogger italiani si trasformino davvero in Nomadi Digitali qualcosa deve cambiare fuori, ma anche dentro di loro. In questo senso la crisi di questi anni riducendo “sogni e certezze” è già per noi, ma ancora di più per i nostri figli, un invito ad inseguire i propri sogni in giro per il Mondo, e le certezze averle già dentro di sé, in modo che qualunque luogo possa diventare la nostra casa e qualunque città la nostra città. Come ci insegnano Lioy, Kirsty, Giulia e tutti gli altri loro amici.

Buon viaggio a tutti!

Sei anche tu un nomade digitale e vuoi far conoscere la tua storia? Scrivi un commento qui sotto e saremo ben lieti di contattarti e di proporti un’intervista!

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A proposito dell'autore di questo post

Un'amica giornalista mi chiamò nell'87 architetto pentito perché dopo l'esame di stato passato con 40 avevo scelto di aprire un Pub. Poi nel 2000 in piena bolla Internet ho finalmente scoperto che la birra irlandese era migliore di quella di Porta Romana e dopo avere venduto tutto su Ebay come Matteo Caccia sono partito per Dublino. Dopo quindici anni di andarivieni mi è pure passata la paura del volo e sento fratello questo leggendario popolo irlandese a metà tra il pragmatismo inglese ed il possibilismo napoletano!



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