Pubblicato il Marzo 7, 2014 | da Maurizio Beolchini

La Grande Bellezza – Rome in a Time Lapse

Non dice molto di sé Giulio Mentuccia perché preferisce parlare con il suo lavoro. Fra le mille immagini pubblicate e montate l’unica che mostra di sé è splendidamente politically incorrect con quell’aria da nouvelle vague e due simboli potenti: sigaretta arrotolata a mano all’angolo della bocca e la sua Canon 5D Mark3 pronta a scattare.

Un po’ di splendida impertinenza c’è però anche in questa sua Grande Bellezza romana che essendo stata pubblicata insospettabilmente nel settembre 2013 si può permettere di guardare dall’alto o almeno camminare al fianco dell’altra Grande Bellezza cinematografica di Paolo Sorrentino. La data di pubblicazione segue di pochi giorni la notte d’agosto raccontata dalle fotografie e dà un forte segnale dell’urgenza impressionista di Giulio. Ricordo settimane e mesi di lavoro di suoi colleghi per realizzare e montare brevi timelapse altrettanto espressivi di ambienti e città, ma evidentemente meno pressanti. Ci immaginiamo Giulio girare tutto in una notte dentro e fuori dai bar, lungo le strade e nelle piazze e quindi montare tutto in un’altra notte sempre con la sigaretta accesa, la musica in sottofondo e la notte di Roma spalancata fuori dalle finestre aperte.

Perché questo video non racconta tanto di Roma come città, capitale, monumentale, politica, ricca, povera, sporca o pulita, ma della sua notte, quella che i turisti difficilmente conoscono o appena sfiorano e molti romani ugualmente ignorano. E’ una notte in Italia cantava Ivano Fossati, “… se la vedi da così lontano da quella gente così diversa in quelle notti che non girano mai piano...” E piano non deve girare davvero questa notte romana, su è giù dal Palatino al Celio sempre ruotando attorno al Cupolone perché pur non volendo, girando attorno alla Città tracci un cerchio attorno a San Pietro, e ti ritrovi sempre lì tra Piazza Venezia e ponte Sant’Angelo a farti un caffè, a fumare una sigaretta e a guardare le stelle. Ed a pensarci bene non sono sempre così luminose le stelle del cielo di Roma, soprattutto d’estate in certe notti di scirocco. Questa girata da Giulio è una delle fortunate notti di ponentino “più malandrino che c’hai…” in cui puoi “…scegliere”… tutte le stelle più brillarelle che puoi” respirando quell’aria fresca che spazza l’umidità e rende lucidi i porfidi dei selciati del lungotevere e delle piazze.

Lucidi come il travertino della Fontana dei Quattro Fiumi del Bernini, in questa Piazza Navona deserta di chissà a che ora del mattino, dopo i tavolini dei bar, dopo i turisti ed i finti pittori, dopo i borseggiatori ed i poliziotti e dopo il passaggio del camion della nettezza urbana, bella pulita per ricominciare ad alzare il sipario l’indomani mattina.

Ma la notte non è ancora finita e Giulio non resiste a lanciare un sasso nel Tevere davanti a ponte Milvio per godere del riflesso della luce nei cerchi nell’acqua che risalgono la corrente fino al ponte Spizzichino alla Garbatella. Anche il Colosseo ed il Foro Romano sembrano più belli in questa luce liquida e calda immersi nel deserto e nel silenzio come non siamo davvero abituati a vederli. Quasi monumenti spaziali, quinte di teatro di questa teatrale città che dorme anche quando è sveglia e sembra più vera quando è addormentata.

Non solo i monumenti ed i palazzi, ma anche le pietre di queste strade e di queste piazze hanno una splendente dignità addirittura esaltata dal silenzio e dal deserto notturno. Avendo ancora negli occhi l’affascinante, ma dolorosa decadenza dell’altra Bellezza cantata da Sorrentino sorge una riflessione lucida ed altrettanto dolorosa: la decadenza è solo ed unicamente degli Uomini che riescono a vivere questa Grande Bellezza come indossassero un vestito perché in realtà non la vedono e non meritandola forse la perderanno.

Giulio nel suo affresco visionario ed impressionista composto da mille fotografie che dipingono una notte in due minuti e mezzo almeno ce la fa vedere, ed è una opportunità da non perdere!


A proposito dell'autore di questo post

Un'amica giornalista mi chiamò nell'87 architetto pentito perché dopo l'esame di stato passato con 40 avevo scelto di aprire un Pub. Poi nel 2000 in piena bolla Internet ho finalmente scoperto che la birra irlandese era migliore di quella di Porta Romana e dopo avere venduto tutto su Ebay come Matteo Caccia sono partito per Dublino. Dopo quindici anni di andarivieni mi è pure passata la paura del volo e sento fratello questo leggendario popolo irlandese a metà tra il pragmatismo inglese ed il possibilismo napoletano!



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